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LO SPACCIATORE
(LIGHT SLEEPER)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 25 ottobre 1993
 
di Paul Schrader, con Willem Dafoe, Susan Sarandon, Dana Delany (Stati Uniti, 1992)
 

Di Paul Schrader si usa dire: grande sceneggiatore (non solo Scorsese - TAXI DRIVER, RAGING BULL e L'ULTIMA TENTAZIONE DI CRISTO - ma pure de Palma e Pollack), attento saggista, e scarso regista. Se LO SPACCIATORE è forse il suo miglior film, è perché - per la prima volta da molti anni - queste sue tre doti si esprimono in modo equilibrato.

Willem Dafoe è uno spacciatore invecchiato e più che depresso. Tanto da dedicarsi ad attività parallele e, per uno della sua occupazione piuttosto insolite: tenere un diario nelle notti insonni (da cui il titolo originale), consultare una veggente per sapere cosa gli riservi il suo comprensibilmente azzardato indomani. Superstizioso: "il concetto di fortuna è strettamente legato al mondo della droga: quei criminali parlano di fortuna come i cristiani di grazia. Una specie di magia che entra nella vostra vita conferendo un senso diverso alle cose." Come gli eroi di TAXI DRIVER e di AMERICAN GIGOLO, il protagonista di LIGHT SLEEPER è un individuo solo, il tipico "drifter" in continuo movimento: attorno a lui le strade, gli interni (autovetture, appartamenti, bar) costruiscono una geografia reale, del tutto priva di forzature spettacolari. Autentica: il mondo della droga al quotidiano, senza i pestaggi, gli inseguimenti degli agenti e le nuvolette azzurre, perverse ma pure eroiche. I dealer di Schrader? "Gente della mia età, troppo vecchia per fare quel mestiere, nata con la generazione hippie quando tutti erano amici. Ora, la maggior parte sono morti, o partiti. Sono rimasti loro soli, con l'avvento del crack che ha cambiato le cose. Gli stupefacenti hanno perso il loro glamour. Vecchi ed incastrati in quella loro professione, vendono droga ai liceali come fossero dei dinosauri. È della loro generazione, più che della droga, che volevo parlare".

Il protagonista di Schader diventa allora qualcuno che scivola lentamente in un'altra dimensione: quella resa celebre da Martin Scorsese, naturalmente) del poveraccio che cerca la propria redenzione su terra. Che dall'oscurità nella quale era costretto incomincia ad intravedere qualche bagliore di grazia; in un cammino faticoso, cosparso di ostacoli, contraddizioni e controindicazioni. Mentre deambula per le sue consegne a domicilio, eccolo che ricade su Marianne, l'ex-fidanzata. E LIGHT SPEEPER ci offre un momento indimenticabile: l'incontro fra i due ex-drogati, che si amano e ancora si desiderano. Ma nei quali la diffidenza, il malessere, il terrore per l'abisso è già pronto ad inquinare la realtà: sensualità fisica, palpabile, che nella plastica squallida di una cafeteria d'ospedale introduce risonanze metafisiche, inquietanti e commoventi.

Splendido incontro di Dafoe con tutte quelle madri che non ha mai avuto: dalla Sarandon che (in attesa di riciclarsi con i cosmetici) gli fornisce tenerezza e sicurezza (oltre al materiale per il servizio di catering). Alla veggente che gli guarda in faccia, ed a Marianne che gli scruta negli occhi: per capire (procedimento tipicamente cinematografico) se lui si droga ancora. Marianne che gli ridà il gusto per l'amore e la passione; ma, al tempo stesso per quell'itinerario che per il più debole dei due sarà di mortale perdizione.

Schrader-regista è una volta tanto all'altezza del suo ruolo d'inventore di quell'ormai noto genere di ascesa-assunzione-espiazione. Dal crepuscolo ambrato dei suoi interni iniziali, tra le montagne d'immondizia che si accumulano progressivamente sui marciapiedi, il pellegrinaggio decadente del suo protagonista è seguito con lucidità e logica dapprima; ed ispirata, ineluttabile trascendenza in seguito. In un ambiente magnificamente significativo (firmato da Richard Hornung, direttore artistico di ARIZONA JUNIOR, MILLER'S CROSSING, BARTON FINK: come dire l'anima nera dei fratellli Coen...) , con degli attori splendidi che vengono costretti in molti spazi (vestiboli, corridoi, scale, ascensori) claustrofobicamente meditati, il passaggio dallo strazio a quella sorta di accettazione che alcuni definiranno grazia, avviene con una logica ed una dolcezza confondente.

Tutto all'opposto del sangue e del furore alla TAXI DRIVER, la misura sorprendente dell'itinerario di THE SLEEPER nel passaggio dall'idea scritta all'esecuzione immaginata ci rivela quale potrebbe essere il Paul Schrader di una maturità quasi insperata.


   Il film in Internet (Google)

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